Il 19 Ottobre prossimo ci sarà la manifestazione nazionale “Salario, Salute, Diritti, Occupazione” organizzata da Fp CGIL, Uil Fpl e Uil PA con il pieno supporto e sostegno delle rispettive confederazioni.
Il diritto alla salute, il diritto ad avere risposte adeguate in termini di servizi pubblici ai bisogni delle persone, rappresentano un diritto primario delle persone, un bene che ha lo stesso identico valore universale che ha l’acqua. Se ci privano della salute e dell’assistenza ci privano di tutto.
Già oggi siamo privati in gran parte del diritto all’assistenza e alla salute e nonostante tutti i guasti al servizio sanitario nazionale, dei servizi di welfare, gli operatori della sanità e dei servizi pubblici con il loro impegno e la loro competenza professionale, continuano a garantire il diritto alla salute, all’assistenza e all’educazione. Pur nella farraginosità organizzativa.
Da domani non sarà più così.
È già chiaro, e lo afferma anche la Corte dei Conti rispetto al piano strutturale di Bilancio del Governo, che ci saranno tagli ai finanziamenti e riforme per diminuire la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati ai cittadini, da Stato e enti pubblici.
Ed è chiaro perché per rispettare il nuovo patto di stabilità europeo che il Governo Meloni ha sottoscritto, l’Italia dovrà diminuire il suo debito di 13 miliardi di euro all’anno per i prossimi 7 anni. Si tratta di circa 90 miliardi. E di fronte alle due strade possibili e cioè quella di incrementare le entrate o quella di diminuire le spese, il Governo ha scelto la seconda.
Appare evidente che il piano del Governo è distruggere la funzionalità dell’amministrazione pubblica. E sapendo che la stragrande maggioranza dei bilanci comunali sono in sofferenza e non avendo intenzione di mettere risorse, anzichè porsi il tema di come riorganizzare la fiscalità locale, proroga la norma che tutela gli enti che vanno in dissesto. Evita di discutere del tema vero, del lento e progressivo disinvestimento nella pubblica amministrazione al quale assistiamo da anni, che rappresenta il perno fondamentale del funzionamento del nostro Paese.
Già per il rinnovo dei CCNL 2022 – 2024, di fronte al 17% di inflazione registrata nel triennio, il Governo stanzia il 5,78%. Nemmeno un terzo. Nemmeno i datori di lavoro privati, sono arrivati a tanto.
Legittimare questa situazione nel sistema pubblico provoca effetti sui quali occorre avere estrema attenzione perché siamo di fronte ad uno snodo politico che determinerà il futuro del sindacato nella pubblica amministrazione.
Il Governo ci sta proponendo una soluzione contrattuale inaccettabile. Sul salario decide unilateralmente e non tiene conto dell’impoverimento dei salari dovuto all’inflazione, mantiene il blocco dell’articolo 23 sul salario accessorio, nella struttura delle relazioni sindacali attacca alcune competenze che noi avevamo riconquistato nel CCNL 19-21, dallo Smart Working alla contrattazione dei riflessi che derivano dalle innovazioni organizzative. (Non contrattiamo l’organizzazione del lavoro per legge ma, contrattandone i riflessi riuscivamo a discuterla) e mantiene la limitazione delle agibilità sindacali. Questione con la quale facciamo i conti dal 2015.
Se il contratto nazionale non è più autorità salariale e se nel contratto decentrato sono sempre meno le materie che sono disponibili alla contrattazione, il nostro ruolo assieme a quello delle delegate e dei delegati e la possibilità di intervenire sulle condizioni di lavoro, viene messo in pregiudizio.
Di fronte quindi ad un attacco che non è semplicemente al salario ma è alla struttura della contrattazione della pubblica amministrazione, non possiamo non essere in campo con la mobilitazione così come abbiamo fatto negli anni scorsi.